Sei Poesia
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6 Ottobre 2016
PREFAZIONE
È noto che il dolore fisico è in grado di interrompere lo stato di umana coscienza; in qualche modo può forse farlo anche un dolore d’altro tipo. Ma oltre la soglia cosciente si percepisce qualcosa, pur senza saperne? Certo, il limitare che precede, oppure segue, come accade per il sonno, offre talvolta una particolare, lucida condizione dell’animo. È forse la sofferenza elemento di confine fra inizio e fine, fra vita e morte? E può una sognante categoria umana quale la poesia, la pittura, la musica, l’arte in genere,
introdursi in questo confine altrimenti negato? Sono domande che mi giungono da lontano, dopo che la vita di mia figlia Anna fu interrotta, quando, lasciato faticosamente il tempo del dolore che appanna per quello che convive e muta, ho colto talora lucide percezioni e l’impulso a scriverne. Più volte ho pensato che fosse per mano di Anna, in questo così promettente. Non scrissi mai prima, né so definire, poesia, né pretendo sia quanto segue. Solo propongo a chi può riconoscerle, alcune orme di un percorso che mi conduce a dimensione altra dall’attesa, spingendo all’ignoto lo spirito mio, per sé così ragionevole.
Queste, chiamiamo le, poesie, sfiorano motivi della ahimè diversa vita di chi rimane, fluttuando tra nostalgia e desiderio, gelo e calura, disperazione e speranza (quasi fede). Consapevole della difficoltà del tema, le propongo a chi ha conosciuto simili perdite ma anche ai tanti che per sensibilità e scelta sanno dare ascolto alla sofferenza e tentare una risposta.
L’Autore